Brasatura

Con il termine brasatura si intende un processo di unione di materiali realizzato per fusione del solo materiale d’apporto, in cui il materiale base è riscaldato ad una temperatura inferiore al punto di fusione, ma sufficiente a determinare un legame metallurgico consistente.

Il materiale d’apporto, allo stato fuso, deve essere in grado di bagnare le superfici da unire, stendendosi sul materiale base. Affinchè questo accada le superfici devono essere esenti da ossidi e la distanza tra i lembi deve essere tale che la tensione superficiale del materiale d’apporto consenta la penetrazione dello stesso tra le superfici, bagnandole completamente.

La brasatura consiste in un processo di saldatura eterogena tramite fiamma. Il gas utilizzato è una miscela di acetilene e ossigeno che permette di raggiungere una temperatura molto elevata (3100 °C).
Nonostante sia un sistema di giunzione piuttosto semplice, è molto utilizzato nelle officine ed in cantiere perché l’attrezzatura necessaria è poco ingombrante e permette di eseguire brasature in posizioni piuttosto scomode, su tubazioni in prima passata.
Con questa tecnica, si ha una buona distribuzione di calore sulla superficie da brasare; inoltre, la fiamma  è rigida e quindi ben orientabile.
Di contro l’elevato e diffuso calore, genera zone termicamente alterate molto ampie e ritiri termici elevati. Il processo si applica limitatamente alla brasatura di spessori ridotti, viene quindi utilizzato per brasature di tubi di piccoli spessori e lamiere di spessore massimo pari a 8 mm.

La fiamma può essere suddivisa in tre zone:

  1. una prima zona è quella immediatamente adiacente all’ugello del cannello; qui avviene la prima combustione detta appunto “combustione primaria”. L’acetilene reagisce con l’ossigeno fornito dalla bombola e forma monossido di carbonio e idrogeno che, in questa fase, non partecipa ad alcuna reazione. In questa prima reazione, a causa dell’ insufficiente quantità di ossigeno che esce dal cannello, non avviene la completa combustione dell’acetilene, e la reazione esotermica fornisce circa un terzo del calore totale generato dalla combustione completa dell’acetilene. La combustione primaria è visibile sotto forma di piccolo cono denominato “dardo” in cui la temperatura è di circa 1200 °C (in alternativa, può essere utilizzato gas propano, il quale però presenta degli svantaggi come ad esempio: eccessiva dispersione termica, tempi di esecuzione maggiori etc; di contro, ha un costo notevolmente inferiore).
  2. La combustione completa avviene nelle immediate vicinanze del dardo grazie all’ossigeno che circonda la fiamma stessa determinando una combustione secondaria che evidenzia  una nuova zona della fiamma denominata” zona riducente”; qui, il monossido di carbonio liberato dall’acetilene reagisce di nuovo con l’ossigeno, che questa volta deriva dall’ambiente circostante, per formare anidride carbonica mentre l’idrogeno, anch’esso liberato nel primo stadio, reagisce con l’ossigeno atmosferico per formare acqua. Anche queste reazioni sono esotermiche e sono responsabili dei due terzi del calore totale generato dalla combustione completa dell’acetilene. In questa zona la temperatura è di circa 3100 °C.
  3. Lo sviluppo di calore mantiene poi i prodotti finali ad elevata temperatura dando luogo ad una maggiore luminosità dei gas e vapori prodotti fino a quando, con il calare della temperatura, l’effetto svanisce; tale area viene detta ”pennacchio”, ed è caratterizzata da una temperatura prossima ai 2400°C. Qui, la temperatura diminuisce in quanto, oltre a quanto sopra descritto, i gas atmosferici tendono a miscelarsi (azoto, argon, elio etc).

Tipologie di regolazione della fiamma

Fiamma neutra

Quando la combustione dell’acetilene, in combinazione con l’ossigeno, inizia in prossimità del cannello e termina nella parte iniziale del pennacchio, si ha una fiamma detta Neutra.

Fiamma carburante

Se l’ossigeno erogato non è sufficiente per completare la combustione primaria dell’acetilene, la combustione di quest’ultimo sarà parziale e parte del carbonio costituente l’acetilene rimane libero nella fiamma e tende a passare nel bagno fuso: per questo tale fiamma viene detta “fiamma carburante”.

Fiamma ossidante

Contrariamente al caso precedente, la fiamma ossidante, si ottiene nel caso di eccesso di ossigeno alla punta del cannello.
Con questa regolazione la combustione avviene immediatamente in prossimità dell’uscita del cannello con una conseguente riduzione, od eliminazione, della zona riducente.
La fiamma, in questo modo, tende a cedere ossigeno al bagno di fusione.

Attrezzatura

Ossigeno ed acetilene sono forniti da bombole collegate al cannello ossiacetilenico mediante tubi flessibili muniti di valvole di sicurezza. L’afflusso è regolato da rubinetti posti all’estremità dell’impugnatura, all’interno della quale i gas si miscelano nelle proporzioni richieste per poi passare attraverso la lancia e uscire dal beccuccio: quest’ultimo è intercambiabile in modo da poterne adattare il calibro al tipo di fiamma voluto.
La combustione dei due gas avviene all’uscita del cannello; la fiamma deve essere regolata in base al materiale da brasare ad alla protezione atmosferica  gassosa da applicare.

Cannello ossiacetilene

L’acetilene viene portata a contatto con l’ossigeno, per generare la fiamma, tramite il cannello, che miscela i due gas nelle quantità opportune per avere una fiamma con le caratteristiche richieste per la brasatura (alta temperatura ed ambiente riducente). La potenza del cannello è definita come la portata di acetilene (l/h) che può essere erogata dal cannello stesso. I cannelli possono variare la potenza in funzione della portata dell’ugello montato sulla lancia.

La regolazione dei cannelli viene normalmente definita con le seguenti modalità:

  • ossigeno impostato a 3 atm;
  • acetilene impostato a 0,4-0,5 atm.

L’operatore, nel corso delle operazioni di brasatura deve regolare la fiamma in modo tale che resti sempre neutra. Ovviamente, brasare in eccesso di ossigeno porta a difetti di brasatura come inclusioni di ossidi.